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La coscienza delle parole. Saggi

[Das Gewissen der Worte], traduzione di Renata Colorni e Furio Jesi


Milano, Adelphi, 1984, Biblioteca Adelphi, 141
cm 22x14, pp. 403-(5), brossura illustrata con alette
Prima edizione italiana. Ottimo esemplare >>>

€ 26
INDICE

Premessa, 11
Nota alla seconda edizione, 15

Hermann Broch, 17
Potere e sopravvivenza, 39
Karl Kraus, scuola di resistenza, 61
Dialogo con il terribile partner, 77
Realismo e nuova realtà, 101
L'altro processo. Le lettere di Kafka a Felice, 111
Accessi di parole, 229
Hitler secondo Speer, 239
Confucio nei suoi dialoghi, 275
Tolstoj, l'ultimo avo, 285
Il diario di Hiroshima del dottor Hachiya, 297
Georg Büchner, 309
Il mio primo libro: Auto da fé, 327
Il nuovo Karl Kraus, 345
La missione dello scrittore, 379

Indice dei nomi e delle opere, 397
«In questo volume sono presentati in ordine cronologico i saggi che ho scritto fra il 1962 e il 1974. A un primo sguardo potrà sembrare un po’ strano trovare qui riunite figure come Kafka e Confucio, Büchner, Tolstoj, Karl Kraus e Hitler, catastrofi terrificanti come quella di Hiroshima e considerazioni letterarie sulla stesura dei diari o sulla genesi di un romanzo. Ma io mi sono appunto occupato man mano di queste cose, poiché solo in apparenza esse sono fra loro incompatibili. Il pubblico e il privato non sono più separabili ormai, si compenetrano a vicenda in modi che in passato sarebbero apparsi inauditi. I nemici dell’umanità hanno acquistato potere rapidamente, sono assai prossimi alla meta finale, la distruzione della terra, è impossibile non tener conto di loro e ritrarsi nella esclusiva contemplazione di modelli spirituali che ancora possono avere per noi un certo significato. Questi sono diventati più rari, molti che potevano bastare alle epoche passate non hanno in sé una ricchezza sufficiente, il campo che abbracciano è troppo limitato per poter essere utili anche a noi. Tanto più importante diventa dunque parlare dei modelli che hanno retto perfino alla mostruosità di questo nostro secolo». Così scriveva Elias Canetti presentando la prima edizione di questo volume (1974). E spiegava poi che, unica eccezione, era incluso nel libro il suo discorso su Hermann Broch, tenuto a Vienna nel 1936, soprattutto perché in esso aveva formulato i «tre comandamenti» dello scrittore. Essi ci mostrano, nella loro congiunzione, il nodo inestricabile dei rapporti fra lo scrittore e il suo tempo: esserne «l’umile e devotissimo schiavo», avere la «ferma volontà» di darne una «visione d’insieme» e, infine, opporvisi, essere «contro il suo specifico odore, contro il suo aspetto, contro la sua legge». A distanza di quarant’anni, nel discorso di Monaco che chiude questo volume, Canetti offriva poi una definizione che implica quei «tre comandamenti» e schiude l’accesso a tutta l’opera sua, oltre che a questo libro stesso: lo scrittore come «custode delle metamorfosi», erede della capacità mitica di aprire in sé un vasto spazio dove ospitare le figure più contrastanti. Figure che, per lo scrittore, «sono la sua molteplicità, articolata e consapevole, e siccome vivono dentro di lui, rappresentano la sua resistenza alla morte».

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